Condividi
Ci raccontano che il 7 dicembre del 1972 l’equipaggio dell’Apollo 17 ha scattato una foto, divenuta poi iconica, del nostro pianeta. La foto è nota con il nome di Blue Marble, e la prima cosa che ci viene in mente, guardandola, è quanto il nostro pianeta sia piccolo e perso nel nulla. Il corollario di tale riflessione è che ogni singolo essere umano che vive quassù è talmente insignificante da scomparire del tutto alla vista.
Tutto questo, però, è vero? La domanda sembra retorica, ma in un’Italia in cui il 55° rapporto Censis certifica che il 5,8% dei nostri concittadini pensa che la Terra sia piatta (parliamo di circa 3 milioni di persone eh) non si deve dare nulla per scontato. Per esempio: si vede benissimo dalla foto che è un disco e non una sfera. Quanta fantasia occorre per pensare che sia una cosa chiamata geoide, come hanno provato a insegnarci alle elementari? Si sa che le maestre degli anni ’70 erano tutte al soldo dei poteri forti, oppure che avevano semplicemente fatto loro il lavaggio del cervello. Ma andiamo oltre. Chi ci dice che questa sia una foto della Terra e non di una biglia blu? O di un disco che assomiglia a una biglia blu? Del resto sappiamo pure che il programma Apollo è tutta una bufala, una bella invenzione degli Statunitensi che hanno assoldato Stanley Kubrik per realizzare immagini credibili del presunto sbarco sulla Luna.
Nessun astronauta, dunque, nessuna macchina fotografica. Noi lo possiamo dimostrare. La foto che abbiamo messo qua, infatti, non ha alcun colore, e sapete perché? Perché a quei tempi non c’era la TV a colori, e le foto venivano pitturate a mano dai bambini asiatici sfruttati dai colonialisti. Ma seppure fosse stato possibile scattare foto a colori, di certo non era grazie alle nostre conoscenze, ma a quelle acquisite dai rettiliani, che ci governano occultamente e sono in contatto con il loro pianeta madre (piatto).
Quanta fantasia occorre per pensare che sia una cosa chiamata geoide, come hanno provato a insegnarci alle elementari?
Cosa abbiamo dimostrato? Che siamo molto bravi a portare alla luce complotti che “non ce lo dicono” ma noi lo sappiamo. Noi. Noi che andiamo al bar a prendere il caffè infischiandocene della mascherina perché lo sappiamo. Noi che al bar possiamo raccontare quanto siamo intelligenti e quanto loro che tentano di ingannarci siano stupidi. Noi, che in un gruppo di 20 persone ne abbiamo messo almeno uno, di noi, di quelli svegli, di quelli che non si fanno portare in giro, di quelli che ora riempiamo i social di verità. Noi, quelli che riporteremo il mondo ai fasti oscuri del negazionismo, e saremo felici della nostra barbarie.
Condividi
Damiano Morelli
Damiano Morelli è un linguista (in teoria), ma nella vita fa tutt'altro e si pregia di essere un buonista, un radical chic, un nerd. Ma di quelli vintage, originali degli anni '80.